"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




giovedì 17 dicembre 2009

Correlazioni in libertà




In un recente articolo su lavoce.info Checchi e Jappelli sostengono che autonomia e concorrenza siano necessarie per avere università di migliore qualità. La dimostrazione verrebbe da un articolo di Aghion et al. che riporta un grafico a riprova della correlazione tra il grado autonomia e concorrenza e la qualità, misurata dall'indice della classifica di Shanghai. Includere un grafico del genere in un qualsiasi lavoro di fisica porterebbe alla immediata "rejection" dell'articolo, ma si sa che non tutte le discipline hanno gli stessi criteri. Purtroppo però il risultato delle analisi degli economisti si trasformia a volte in politiche di cui tutti subiamo le conseguenze.

Di seguito riportiamo qui il grafico, dove si vede che esiste una blanda correlazione (r=0.29) tra i due indici, ma che questa è ristretta in realtà alle sole università del Regno Unito. Se si considerano le altre università il coefficiente di correlazione è infimo (r=0.12) e il fit dei dati da una pendenza il cui valore è inferiore all'errore statistico. Dov'é quindi la dimostrazione?

domenica 13 dicembre 2009

"L'università reale" di Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi (articolo pubblicato da "Il fatto quotidiano" 13 dicembre 2009)

L'organizzazione dell'università ideale è stata descritta in ogni dettaglio da alcuni economisti della Bocconi in libri, articoli ed editoriali sui maggiori quotidiani. Il modello è quello di un'università a gestione privatistica, finanziata principalmente dalle rette studentesche e non più dallo Stato, con totale libertà nel reclutamento e nella didattica. Questo sistema garantirebbe eccellenza nella ricerca e nella didattica, farebbe scomparire il nepotismo accademico e chiudere le università improduttive. Tuttavia, per portare a compimento un programma di questo tipo, occorre prima di tutto radere al suolo il sistema esistente. A questo fine giova dimostrare che l'università e la ricerca italiana sono di qualità assolutamente scadente nonostante siano finanziate addirittura in maniera eccessiva. Si sbandierano quindi le classifiche internazionali e si scelgono gli indicatori statistici più appropriati sulla produttività scientifica e sulla spesa pubblica destinata all'università, utilizzando a volte metodi discutibili per tirare le statistiche dalla propria parte. Il modello sembra rifarsi ad una versione estremizzata del sistema universitario statunitense dove le rette sono in genere molto alte anche se esiste una vasta rete di università pubbliche. Si tratta comunque di un sistema formatosi nel tempo, non impiantato dal nulla. In Europa il sistema universitario è invece prevalentemente pubblico, con rette studentesche che in molti casi sono addirittura inferiori a quelle italiane. Inoltre vi è spesso un forte sostegno al “diritto allo studio”, con residenze universitarie e borse di studio che manca in Italia. Se vogliamo imitare gli altri paesi, perché non cominciare portando il finanziamento a università e ricerca al livello degli Stati Uniti o almeno a quello della media dei paesi OCSE?