"I ricercatori non crescono sugli alberi" è il titolo del libro scritto a quattro mani da Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi sulla ricerca e l'università in Italia. E' stato pubblicato da Laterza a gennaio 2010. A cosa serve la ricerca, perché finanziarla, cosa fanno i ricercatori, che relazione c'è tra ricerca ed insegnamento, come riformare il sistema della ricerca e dell'università, a quali modelli ispirarsi. Due cervelli non in fuga denunciano la drammatica situazione italiana e cosa fare per uscire dalle secche della crisi. Perché su una cosa non c'è dubbio: se ben gestito, il finanziamento alla ricerca non è un costo ma l'investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e delle nuove generazioni.




mercoledì 17 novembre 2010

Vogliono distruggere l'università pubblica

(Intervista su Il Manifesto a cura di Roberto Ceccarelli, 17.11.2010) 





«I venticinque milioni che il governo ha dato alle università private rientrano in un progetto più grande - afferma Francesco Sylos Labini, autore con Stefano Zapperi del libro I ricercatori non crescono sugli alberi (Laterza) e fisico al Cnr - distruggere l'università pubblica. Ogni occasione è buona per bastonarla. Lo ha sostenuto sulla voce.info uno dei più ascoltati consulenti del ministro Gelmini, l'economista Francesco Giavazzi. Visto che l'università pubblica è irriformabile, è inutile gettare le risorse al vento.

Partiamo dall'idea che le risorse per l'università esistono, ma vengono dirottate altrove. Dove?All'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), ad esempio. È un ente pubblico di ricerca non vigilato dal Ministero dell'università, ma direttamente dal ministro dell'economia Tremonti. La sua fondazione non è stata preceduta da alcun dibattito e oggi fa quello che vuole. Lo Stato gli versa 100 milioni all'anno, ma la sua linea di ricerca non è chiara. Sappiamo che si sta trasformando in un'agenzia di allocazione delle risorse. L'Iit ha indetto bandi attraverso i quali sta finanziando alcuni gruppi di ricerca del Cnr.

Nel frattempo abbiamo perso più di due anni a discutere sulle virtù di una contestatissima riforma...Quella che vogliono approvare alla Camera è una legge centralistica, burocratica, iniqua per quanto riguarda la selezione dei ricercatori. Chi sostiene le sue virtù dimostra di non avere alcun senso della realtà. Siamo ostaggi della deformazione ideologica di un gruppo di economisti che hanno frequentato le aule di Harvard o del Mit e pensano che quella sia l'eccellenza da importare in Italia. Ignorano, questi economisti, che intorno a questi grandi poli esiste un sistema di piccoli e medi centri. In Italia loro vogliono solo poli di eccellenza. Tutto il resto non conta. L'università pubblica diventerà definitivamente un liceo. Stanno facendo un deserto.

Di cosa hanno veramente bisogno l'università e la ricerca in Italia?Innanzitutto di una vera svolta. Questo sistema non è sostenibile e non solo perchè molti atenei sono stati riempiti di figli o parenti. I riformatori come Giavazzi tendono a generalizzare situazioni locali. Se a Messina o a Bari ci sono casi di omonimia, allora tutta l'università è corrotta. Bisogna valorizzare ciò che esiste ed è buono, non cercare di imporre un sedicente modello di meritocrazia e di razionalizzazione economica che non esiste sul pianeta terra. Abbiamo bisogno di gente nuova che abbia sperimentato il cambiamento che stiamo vivendo in prima persona. Penso ai ricercatori della Rete 29 aprile che vogliono una discussione generale sulla riforma.
 


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